4 maggio, il giorno dopo. Restano le parole di don Riccardo Robella, che sfida i giocatori: “Fate diventare grande il Torino”
C’è Simone, di sei anni, che sale i gradini del Filadelfia mano nella mano col suo papà: è impaziente, vuole vedere quel campo. C’è Sara, che guarda la lapide di Superga: la mamma si avvicina, inginocchiandosi per essere all’altezza della piccola, e assieme leggono i nomi. Trentuno. È il 4 maggio del 2022, ma poco importa. Perché ricordare il Grande Torino si sottrae al presente. “Qui il passato incontra il futuro”, dice don Riccardo Robella nella sua omelia. Lo fa guardando negli occhi i bambini granata, ma anche chi il granata lo indossa tutti i giorni correndo dietro a un pallone. Il don, in Basilica, ha rivolto un discorso accorato ai calciatori del Toro di oggi. Come se lui, barba folta e sguardo sincero, fosse un pezzo dell’apparato dirigenziale del club. Anche per i giocatori, pensare solo al presente non è abbastanza. Non può esserlo, non il 4 maggio.
Don Robella parla ai nuovi: “Superga entra nel cuore”
Don Robella ha toccato corde delicate. Parlando di valori guardando negli occhi Brekalo, Praet o Zima: “Per molti di voi è la prima volta e mi rendo conto che sia un’esperienza particolare, destabilizzante: bene, vuol dire che entra nel cuore”. L’affetto della gente, il rituale collettivo della memoria, che emoziona e insegna. Vivere Superga significa accettarne il senso e la responsabilità.
La sfida lanciata ai calciatori del Torino
“Non vi sarà chiesto di essere del Toro, per quello ci siamo già noi”, ha detto don Robella ai giocatori. “Ma vi si chiede di essere da Toro“. E come si fa? “Con l’impegno e la lealtà”. E fin qui ci sono i valori, che sono tutto ma non abbastanza. Perché lo sport è anche competizione e ambizione. Il don lo sa bene: “Adesso vi lancio una sfida. Ciascuno di noi ha delle ambizioni, e sono convinto che l’ambizione di un giocatore sia militare in una grande squadra. La sfida è questa: fate diventare grande il Toro“.
C’è l’identità, che viene anche dal passato, e poi c’è il futuro: che è da costruire, soprattutto al Torino, che prima di questa stagione ne ha vissute due di distruzione. Se Superga è il punto di contatto tra i due tempi, allora è da qui che nasce il domani. Lo ha insegnato al Toro don Riccardo, che di eredità se ne intende. Raccolse quella di don Aldo Rabino, nel 2015, diventando il padre spirituale di squadra e tifosi. Discorsi come questo restituiscono il significato del ruolo. Che va al di là della conservazione della memoria.
Nn conosco il Don e i suoi rapporti con il PRESINIENTE, certo che se anche lui è complice di chi ci sta umiliando da 17 anni diventa sempre più dura resistere, ma allo stesso tempo stimolante. Via la cairesefc dal TORO.
ah si si, vedo come resisti ma soprattutto vedo iltuo, il vostro o mi aggiungo, il nostro modo di lottare. vedo vedo BLA BLA BLA BLA BLA VBLA su unsito poi, nemmeno inpiazza o per strada, in modo da fare un minimo id ca si no Ah si si,cairo lo… Leggi il resto »
tra l’altro oravedo che avete trovato un altro obbiettivo per il vostro atavico e immenso o dio: un prete! Che secondo il pensiero del piu grande millantatore del sito, tale madde71,alias mago Otel-madde71 (l’originale, Mago Otelma gli fa un baffo) sarebbe appunto in combutta con cairo!!! Lui il mago, sparacchia… Leggi il resto »
Oggi potete dare libero sfogo alle vostre contumelie e cattiverie. Ieri era veramente insopportabile.
non conosco i suoi rapporti con l’innominabile ma le sue parole le trovo comuncque belle ed appropriate ad accrescere l’appartenenza e l’orgoglio
ad indossare questa maglia gloriosa nonostante l’attuale proprieta’